Un calabrese alla scuola bolognese del XVII secolo: Mattia Preti

L’Archiginnasio, l’antica biblioteca comunale di Bologna, oltre a trascinare lo sguardo verso il passato remoto col suo patrimonio di bellezze artistiche, contiene anche qualcosa che ci riguarda. O meglio qualcosa che riguarda Mattia Preti, uomo nobile e pittore stimato dall’ambiente bolognese, a tal punto che lo stesso Guercino sia fa garante per lui nell’indirizzarlo per alcune commissioni artistiche. Il documento conservato presso l’Archiginnasio sottolinea come sia stato stretto e fervido il rapporto nato fra i due, e quanta passione ci mise il Preti nell’essere al passo con l’ambiente bolognese animato fortemente tanto dal Guercino quanto dal Guido Reni, sulla lezione dei fratelli Carracci.

Mattia Preti, che dal Rinascimento e dall’arte dei più insigni pittori dell’Emilia ricevette un’impressione «incancellabile di ornata bellezza» – spiega Concetto Valente nel suo saggio del 1918 – venne da un angolo solitario dell’Italia meridionale, da quella terra calabra che si può dire «una fantasiosa bellezza»: tra l’amena costa di Crotone e le asprezze della Sila; da quell’ambiente spirituale squisito preparato dalle finezze letterarie e classiche dei vari Telesio e Campanella. Da questo terreno, con tanto amore e gusto coltivato, in una pace quasi primitiva, malgrado le agitazioni e le aspre vicende politiche, sorse l’arte pretiana con spirito sereno e puro, quasi dal grembo stesso della natura, e quasi traendo i succhi dalle radici profonde dell’arte greco – latina. «Il carattere orientale dell’ambiente calabrese, la festa di luci sulle onde del mar Jonio, la pittoricità dei silenti porti, la severa audacia della architetture classicheggianti, le vette selvose della Sila e del Pollino», dovettero commuovere ed infiammare la tavolozza dell’artista e condurre necessariamente al trionfo del colore e del classicismo.

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