Appunti di viaggio/2

La Calabria è una terra bellissima, con un panorama talmente vergine, da sembrare inverosimile. Eppure per quanto è splendida, per quanto rievochi miti, altrettanto è una terra aspra e dura. Finché hai un entusiasmo, uno stimolo che ti sprona ad andare avanti, cerchi di restare arroccata a queste immagini di paradiso dalle sfumature mediterranee: il sogno della Magna Grecia sembra essersi fermato nel tempo. Ma quel tempo non c’è più. E quando scopri che tutto è caduco, che i tuoi sforzi sono vani, decidi di smetterla con le illusioni. Ecco perché tanto tempo senza scrivere. Questo tempo e questa terra ti sfiancano. Non la Calabria in sé, che come lido mantiene il suo fascino, appunto immutato, ma la sua anima, la complessità della sua gente ti spossa: un genere che sembra non conoscere il senso civile. Non voglio dire che tutti i calabresi contribuiscano alla realtà di miseria della Calabria, voglio solo dire che non hanno voglia di cambiare, di ribellarsi ad una cultura sotterranea fatta di compromessi, di facciate imbiancate e di chiusura. E questo vale anche per la brava gente, che è davvero tanta in Calabria.

Io non ho avuto voglia di prendere in mano una penna, perché il paesaggio desolato che ho davanti mi deprime e mi lascia disarmata. Ho perso la fiducia, in tutto e in tutti, perciò ho deciso di intraprendere un viaggio, quanto lungo non lo so. Voglio scoprire quanta radice ci sia in me e cosa ci sia oltre quell’orizzonte. Prima Bologna, maestosa, romantica, pregna di cultura, poi Ferrara, che sembra nascondere delitti oscuri nelle sue nebbie, adesso Bergamo dove mi aspetta un pezzo di famiglia già emigrata e domani Milano, dove forse sarà la mia famiglia. Mete che mi sono prefissata, un po’ per fuggire, un po’ per ritrovare la strada.

Lo scrittore, il giornalista, chi vive di scrittura ha bisogno di osservare, e a tratti anche di pensare. Io ho pensato, ora ho bisogno di osservare. Non so se mi ritornerà quella voglia infinita di scrivere. Fiumi di inchiostro che sembrano non appartenermi più, perché anche la mia scrittura sente di dover virare, aspettare un altro vento, ingranare quella marcia che ora le manca.

Buone cene a tutti; senza proclami e senza auguri particolari: solo che qualcosa cambi. Tutto qui. Ironia a parte.

Donna più che mai

 Nella religione della Grecia classica, la kàtharsis consisteva nel rito magico della purificazione, inteso a mondare il corpo e l’anima da ogni contaminazione. In estetica, la catarsi è la purificazione dalle passioni umane, comprese e superate attraverso l’arte. Infine, in psicanalisi, la catarsi è il processo di liberazione da esperienze traumatizzanti o da situazioni conflittuali, ottenuto col farli riaffiorare alla coscienza dell’individuo o col farli rivivere sul piano razionale ed emotivo, rimuovendo dal subconscio gli eventi responsabili di quelle esperienze o situazioni conflittuali. Da questo punto di vista, o da un punto di vista più cristiano/filosofico, possiamo anche parlare di “redenzione”. La catarsi dunque, è una rigenerazione che tocca il corpo e le intime fibre del nostro essere, facendoci sbocciare a nuova vita, scoprendo orizzonti a noi sconosciuti e disponendo la mente e lo spirito a prospettive mai immaginate. Probabilmente, la catarsi, dispone il nostro essere agli altri, la sensibilità della persona redenta o purificata, diventa tale che “l’altro”, non lo si avverte più come un estraneo, ma come l’altra metà di noi stessi, un’altra sfaccettatura del sé a cui avvicinarsi per sentirsi completi. Eppure, l’autrice del testo in questione, Catarsi appunto, ha un sottotitolo esplicito “Donna più di prima”, perché la catarsi vissuta dall’autrice, si è trasformata in una poesia che le ha permesso di rifiorire “a se stessa”. La riflessione ultima di Mirella Michienzi, è rivolta a sé stessa, alla necessità di volersi bene prima di offrirsi agli altri: una sorta di acquisizione di autostima, di amore prolifico per il proprio modo di essere, più che di apparire, e che può lasciare qualcosa agli altri, solo quando questo “amore pulito”, viene messo in circolo a partire da noi stessi.

Donna più di prima, ovvero catarsi, è la voce di un’anima per troppo tempo chiusa dentro un involucro. Un involucro trasparente, che permetteva di vedere, ma non di toccare, ecco finalmente che l’autrice, dopo tanti fogli strappati e appallottolati, dopo tante prove finite nel caminetto, si accinge a lasciarsi andare, senza quei freni inibitori imposti dalla cultura degli uomini, ma con la sola voglia di fare il punto, come donna prima di tutto. E Mirella Michienzi, esce fuori dal bozzolo, riconoscendosi farfalla, come lo splendido ologramma riportato in copertina, che tanto dice della personalità dell’autrice. Una farfalla che si avvale di una scrittura lieve, eppure appassionata; niente è sforzato in questa narrativa limpida e intrisa di sognante lirismo, di poesia raccolta nel guscio dell’anima; i ricordi si accompagnano alla scrittura, come onde schiumose che accompagnano il moto del mare, come turgida brina che accompagna il levare del sole nelle primavere autunnali. E’ un fiorire di immagini, mentre la memoria cavalca disinvolta la pagina per intrecciarsi con una realtà consapevole, che è un traguardo forse e una riva, a cui l’autrice si aggrappa con forza, mite, ma non fragile, la farfalla trova il suo nido nella natura ora rinnovata, nel suo essere “donna più di prima”.

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Una donna per la libertà!

Questa è Yoani Sanchéz. Non una qualunque. Di mestiere giornalista e blogger, come scelta di vita ha preferito “dire la verità”. Ed è per questo che la sua esistenza, quotidianamente è minacciata dalle difficoltà, ma soprattutto dalle “chiusure” a cui è sottoposto il suo paese: Cuba.

Per anni è stato il paradiso privato di Fidel Castro, ma ora Cuba è sotto il pugno di Raul Castro. Con lui, fratello di Fidel, qualcosa si è mossa, ma l’attivismo politico, le dimostrazioni libere, gli scioperi, il manifestare il proprio dissenso o anche solo il proprio pensiero, sono ancora reati nel paese latino. Allora Yoani Sanchéz, come molti altri blogger, danno battaglia con quello che hanno in mano: la scrittura.

Mi viene in mente una massima di Ugo Foscolo, uno dei più grandi poeti della nostra letteratura, precursore del Romanticismo, patriota italiano (all’epoca esistevano, oggi sono una razza estinta) contro la dittatura napoleonica, che con il trattato di Campoformio (1797) aveva svenduto la Venezia Giulia agli Austriaci:  altro che Napoleone il liberatore!

«Scrivete! Perseguitate i vostri nemici con la scrittura».

Questo proclamava Foscolo senza timore. E così Yoani Sanchéz, oltre duecento anni dopo, perseguita i suoi nemici scrivendo sul suo blog Generación Y, che le ha dato rinomanza mondiale. Eppure, gli abitanti dell’isola di Cuba, non hanno modo di interagire con Yoani, né di leggere i post del suo blog, che in Italia vengono tradotti da Giordano Lupi e pubblicati su LaStampa.it/GeneracionY e dalla rivista Internazionale. Yoani, ha creato il blog sul web, grazie all’aiuto di un server tedesco.

Pur essendo Yoani Sanchéz una delle voci più influenti della realtà cubana, la censura ufficiale si abbatte come una mannaia su internet, in modo da tenere i Cubani al “buio”. Le pagine del blog, sono state spesso vandalizzate, probabilmente da incaricati del governo, in modo da screditare il lavoro della giornalista, che per il suo impegno ha ricevuto il Premio Ortega y Gasset istituito dal quotidiano spagnolo El País. Compare anche nella lista dei “migliori 25 blogs del 2009” redatta dalla rivista Time e dal network CNN, ed è inclusa persino nella lista dei “Giovani leader globali” del Foro Economico Mondiale. Nell’ottobre 2009 le è stato assegnato il Maria Moors Cabot Award dalla Columbia University di New York, ma si è vista negare, per la quarta volta negli ultimi due anni, il permesso di lasciare Cuba per andare a ricevere il premio.

Nel mese scorso è stata la trasmissione L’Inchiesta, in onda su Rai 1 la domenica alle 23 circa, e condotta da Monica Maggioni, a focalizzare l’attenzione su Yoani Sanchéz, riuscendo a farle delle interviste esclusive. Alcuni addirittura sostengono, che Yoani sia una falsa dissidente finanziata dagli Americani in chiave anticastrista. Qualunque sia la realtà, noi ci sentiamo in dovere di sostenerla, come  modello di donna e come operatrice di un’informazione libera!